Ma dove si insegna “l’educazione motoria”?
In questi giorni, molto si discute sull’esclusione dei Diplomati ISEF dal concorso, pubblicato sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito lunedì 7 agosto, per l’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, di cui al DM n. 80 del 30 marzo 2022.
In questo frangente la Società Italiana di Educazione Fisica, società scientifica della materia, vuole puntare il dito su un aspetto, un problema di fondo sul quale ormai da anni essa cerca di attirare l’attenzione del mondo politico e scolastico: in quale università si insegna l’educazione motoria?
Nella scuola, ogni materia ha una sua ragione d’essere: soprattutto possiede, come giustamente prevede anche il primo punto del programma d’esame per i candidati al concorso, dei “fondamenti epistemologici”, vale a dire, una base forte di discussione sugli aspetti teorici che giustificano e rendono peculiare una data disciplina.
Dove mai è avvenuto che la “educazione motoria” abbia avuto tale tipo di riflessione? Dove sono gli studi sulla sua portata, sulla sua importanza, sulle sue caratteristiche, sui suoi strumenti? A meno che non si intenda questo termine come sinonimo di “esercizio fisico”, per cui in fondo “basta muoversi” e di ciò ci si accontenta e va bene tutto: qualche gioco, un po’ di conoscenza del corpo umano, lo sport… Ma sarebbe come fare insegnare l’italiano alla primaria ad un esperto di linguistica o di fonetica: la lingua e i suoi suoni vanno conosciuti, ma l’italiano a scuola, come tutte le altre materie. deve avere una sua progressione logica, studiata ed elaborata dagli esperti del settore.
Soprattutto, nella scuola ogni materia deve avere degli obiettivi chiari, una programmazione precisa (la “solida progettazione curricolare” prevista nella Parte generale del Programma d’esame), distinta per semestre od almeno annuale, basata sull’esperienza storica della materia relativa a ciò che si ritiene essere veramente importante da insegnare, ai fini della crescita e della formazione culturale dell’allievo. Si pensi ancora all’italiano od alla matematica: quasi mese-mese vengono stabiliti degli obiettivi specifici, sui quali, passo passo, costruire quelle competenze che alla fine del percorso scolastico vengono poi valutate, nel loro complesso, nel famoso “esame di maturità”. Nel caso dell’”educazione motoria”, dov’è avvenuto tutto questo studio?
La materia non è presente negli attuali Corsi di Laurea in Scienze Motorie, così come manca l’Educazione Fisica, termine con il quale, perlomeno dagli inizi del Novecento, è sempre stata indicata la materia scolastica, prima denominata semplicemente “ginnastica”. Da notare che anche le Indicazioni Nazionali del 2012 fanno riferimento alla materia come “educazione fisica”, mentre la comparsa del termine “educazione motoria” per la scuola primaria risale al 1985 (D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104), sancendo, proprio attraverso questo cambio terminologico, di fatto, la estromissione degli insegnanti di educazione fisica: se si fosse infatti mantenuto questa denominazione, si sarebbero dovuto impiegare gli insegnanti ISEF…
Fino al 1998 infatti esistevano gli ISEF, Istituti Superiori di Educazione Fisica, che pur con molti difetti, inefficienze e troppe differenze tra le varie sedi, perlomeno costituivano un riferimento chiaro per la materia. Oggi con gli attuali corsi di Laurea in Scienze Motorie, non è più così.
Ma se questa è la gravissima situazione in cui versa la formazione universitaria relativa alla materia, come e da chi verranno formate le Commissioni giudicatrici (art. 12-16 del DM)? Su quali contenuti verteranno i giudizi relativi alla materia?
Tutto questo, se rende ancora più assurda l’esclusione dei Diplomati ISEF dal concorso in oggetto, deve obbligare ad una profonda riflessione relativa a ciò che sta avvenendo oggi.
Al fatto che nell’università pubblica gli studi sull’Educazione Fisica (perché la materia scolastica va chiamata così, e non altrimenti) si sono di fatto interrotti nel 1998, e sono proseguiti solo all’interno della Scuola Italiana di Educazione Fisica, l’Istituto Duchenne di Firenze, all’interno del quale, senza alcuna forma di sostegno, si sono svolti quegli aggiornamenti indispensabili per continuare a dare alla materia il suo ruolo e la sua dignità.
Al fatto che la Società Italiana di Educazione Fisica (che, come presidente, qui rappresento) ha al suo attivo, oltre alle sue pubblicazioni ed alla sua rivista, ben 20 Congressi Nazionali, di cui 4 dedicati specificatamente all’educazione fisica scolastica ed uno (Firenze 2015) al problema – essenziale per la materia (e difficilissimo da studiare) – relativo alla normalità motoria, sul quale, come abbiamo detto, si dovrebbe fondare la programmazione dell’insegnamento scolastico.
Al fatto che tutti questi studi vengano ignorati, perché ciò che conta è il mantenimento dello status quo, con un’università senza reali sbocchi, con l’assenza della Ginnastica Correttiva e Medica a contrastare l’attuale e sempre più pressante indicazione della chirurgia in situazioni dove essa potrebbe essere evitata, con il mondo dello sport che monopolizza ormai l’intero panorama dell’attività fisica.
Al fatto infine che, alla fine, coloro che faranno le spese di tutta questa lunga serie di errori saranno i bambini, che usciranno dalla scuola senza aver avuto ciò a cui nella scuola hanno diritto: imparare a muoversi, per mezzo di Maestri di Ginnastica preparati (e soprattutto aggiornati) e con a disposizione tutti quei bellissimi piccoli e grandi attrezzi che la Ginnastica Classica ci ha consegnato e che oggi, di fronte all’attuale stile di vita, mostrano tutto il loro valore e la loro importanza.